Sorrentino la lava racconta.
Una storia non nasce dal nulla, una storia nasce dallo stratificarsi degli eventi che comprimendosi, ad un certo punto, diventano una piccola stella che, come unico scopo, ha da brillare nella notte: questa è la storia di Sorrentino vini.
Una storia è cuore, vita, morte, memoria, pianto e riso: una storia spesso è vino; e quando è tale noi non possiamo farci nulla, ma dobbiamo solo berla e raccontarla.
Una mattina di domenica, io come una trottola sono entrato nella bellissima sala di una azienda vinicola del mio Vesuvio; una sala calorosa, calda bella e piena di sorrisi: sorridevano tutti perché li qualcosa cambia ogni giorno. Li c’è l’incanto della lava.
Sono passati mesi da quando sono vi entrato e in realtà da quella sala non sono ancora uscito: per farlo devo pagare pegno.
Qualcosa mi strappa dallo stomaco una sensazione, una necessità e per spegnere questo arroventato tizzone che mi brucia le carni, devo metterla su carta questa storia: la devo raccontare!
Se non lo facessi, potrei venir dimenticato io stesso, e se ciò avvenisse mi aggirerei come un cadavere non morto in una terra di fuoco e fumo.
Ogni favola, bella o brutta, comincia con una frase
“C’era una volta e una volta c’è ancora!”
Una donna forte e nel fiore degli anni, che sognava di allontanarsi dalla terra ch doveva coltivare per vivere; oggi diremmo di emanciparsi ma all’epoca questa parola non esisteva.
Questa donna si chiamava Benigna….. fate un po’ voi! A me incute rispetto!
Benigna sognava di sposare un uomo che viveva facendo un lavoro diverso; non un contadino, magari un operaio o comunque una persona con un impiego meno gravoso.
La terra era fatica, la terra era sudore, la terra era nera e sa di fuoco.
Qui sul Vesuvio a volte tutto soffre e piange sangue.
Quando erutta tutta la terra si impasta con la lava e quando diventa fango odora di ferro: odora di guerra odora di cambiamento.
Questa donna si armò di tanta pazienza e trovò un uomo degno, e se ne innamorò: pensava di essere fortunata, quest’uomo era un operaio; un uomo buono, un uomo che l’amava per ciò che era.
La portò via dalla terra, la prese e all’inizio la mise in un vaso come un fiore; un fiore in una casa
Una bella casa, e questa casa era un luogo non luogo; perche sul Vesuvio i fiori sono pochi! Sul Vesuvio c’è la vite.
Qualcosa ogni autunno toccava il vetro delle finestre.
Era la prima pioggia?
Era il richiamo dell’ottobre, quando le verdi piante si tingono di marrone e la gente sale nelle vigne: che fatica la vendemmia comincia!
Che fatica ma si sta insieme, la vendemmia crea unione : è cuore e urlo.
La vendemmia è faticosamente è rinsaldare un antico rituale fra noi e la terra: ciò che ne nascerà è il vino: il sangue del Vulcano, il pianto di Gesù… Il Lacryma Christi.
Quest’uomo un giorno ottenne un piccolo appezzamento di vigna in eredità: un ettaro di terra che nessuno voleva.
Un ettaro faticoso da lavorare dove Falanghina e piedi rosso ( e pure catalanesca e caprettone) erano tutti mescolati assieme, come la danza d’amore di due corpi nudi .una volta si faceva così si mescolava tutto così alle brutte qualcosa veniva fuori sempre.
Falangina lei
Piedirosso lui.
Uniti, agrovigliati.
Non la costrinse a coltivare quella terra…. però era un peccato lasciarle cosi e che peccato era svendere l’uva !
Era triste vedere queste vigne che sprecavano il loro frutto marcendo in terra.
Alla fine la donna, che sapeva farlo, si decise e salì su quella montagna nera, e con lei fece un patto: di quelli silenziosi.
Si impegnò a vendemmiare quella vigna.
Vaffanculo le piacque! I ricordi di bambina, il sorriso di mattina : tutto tornò all’alba dei suoi ottobre: al punto che d’autunno si dimenticava del marito.
Se avesse mangiato o no, non le interessava: non era cattiva o una cattiva donna ma solo in quei periodi lei apparteneva al fauno, lei apparteneva al Satiro e a lui rendeva omaggio raccogliendo l’uva e caricando sulla bicicletta secchi di concime (letame) che riportava giù in uno zigzagante vai e vieni. Divenne un eroina! E nello sterco c’è magia! Nel concime c’è la vita.
Andiamo avanti di qualche anno….
Andiamo avanti di trent’anni e guardiamo l’alba di un ottobre del 1990.
Paolo Sorrentino è il figlio di quella donna eroica; il figlio di Benigna, il figlio della Vigna, il figlio del Vulcano.
Lui non ha ricevuto in eredità della terra per versare sopra schifezze, la sua terra è sua e lui ci crede.
Crede nel Vesuvio, primo impari guerriero in un arena di contadini che vendono a grandi gruppi le loro uve.
Vassallo di un morbo, quello della qualità; servitore di un idea: far tornare il vino Lacryma Christi ad essere conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
Dalla sua ha la fortuna di una doc conosciuta e stimata, di un territorio unico, di vigne tutte a piede franco che vuol dire mai infettate dall’epidemia di Filossera.
Questo perché il Vesuvio è un microclima così duro e unico che chi viene da fuori: non sopravvive.
Il suo compito era stabilizzare vini che avevano un potenziale infinito ma bastava spostarli di cinque chilometri per renderli scandenti: doveva modernizzarsi e rendere il suo vino …. Corretto e vendibile!
Oggi Sorrentino Vini produce duecentotrentamila bottiglie divise in circa quindici etichette; qualche anno qualche etichetta in più e qualche anno qualche etichetta in meno.
Tuttavia una cosa infinitamente importante è avvenuta: il padre non è più solo; quella che era una sua unica e personale visione. Si è declinata in una parcellizzazione tutta nuova.
Giuseppe il figlio si occupa della parte commerciale e ha permesso ai vini della sua famiglia di entrare nei continenti e nelle case di molta … molta gente.
Produrre per vendere…. O meglio produrre cose buone per vendere sogni buoni.
La figlia Benny Sorrentino (con la y) è l’enologo dell’azienda e si occupa della interpretazione dei vini.
Trasformare il frutto in magia e farlo senza farlo risultare banale.
Infine c’è Maria Paola Sorrentino, classe 89 (non si dice l’età) la quale dinanzi a un bicchiere di Piedi rosso “7 moggi” 2015 sta pazientemente rispondendo alle mie incalzanti domande.
Sorride ma dietro quel sorriso c’è una visione di granito: lei si occupa dell’ospitalità ed è una cosa serissima.
Anzi è forse la cosa che sta cambiando completamente il volto del Vesuvio: Enoturismo.
Maria Paola, ogni giorno sorride alla gente e vende i suoi vini; ogni giorno accoglie gente da tutto il mondo e li porta a visitare le vigne sulle colate di lava.
Quando ha piovuto Vi mostra come crescono sulla lava non i fiori, ma i licheni.
Questa azienda dimostra e mostra le vigne che affondano nei micrograni di lava e , dopo,nutre spiriti e menti (e pure panze) coi prodotti alimentari del territorio.
All’inizio erano davvero frotte di studenti tedeschi che venivano segretamente rifocillati con panini e interi salami e prosciutti tagliati a mano e enormi brocche di Caprettone.
Questo dieci anni fa ! e piano piano, sasso dopo sasso, Hanno costruito una sala bellissima, con un Pianoforte vecchi di tre secoli e e mille bottiglie belle, cibi cucina di casa e affetto.
Tu entri e vieni rapito nell’antro del fauno e rischi di non riuscire più per molto tempo.
Questo ha reso la struttura un eccellenza e Maria Paola presidentessa dell’associazione movimento turismo del vino Campania, che qualcosa, qualsiasi cosa vorrà pure dire .
Come avete visto e come è mia consuetudine io vi racconto storie e non descrizioni di vini, tuttavia due parole vanno spese:
Sorrentino Vini: Vigna Lapillo
Non è la loro unica linea: è lava che racconta.
Sul loro sito trovate le descrizioni, quello che invece non vi dice nessuno è l’emozione provata bevendo una bottiglia di bianco del 2011…. Sette meravigliosi anni in bottiglia e non sentire la stanchezza.
Un tunnel di mineralità e frutto grasso; un sorso polposo, un abraccio..
Sono solo e non ho paura del vulcano, la mia gente si sveglia alla sua ombra ogni giorno; si alza, si lava (non fate battute ) va a lavorare e il Vulcano è li.
Temo l’ignoranza e temo la mancanza di interesse, ho paura di non essere più in grado di parlarvi, ma il vulcano comunque resta li.
Mi fa paura chi gli da fuoco e non trema all’idea di distruggere un ecosistema incredibilmente unico.
Questi vini, sono amore e fuoco che strappa via la vita come fosse una spada; c’è tanto tanto dolore in ogni vendemmia quando il golfo di napoli col suo odore di salsedine spira e il vento abbraccia le vigne; loro si protendono, allungano le foglie ma nulla non possono staccarsi dalla terra.
Allora avviene la magia
Il vulcano, che toglie e da, decide di respirare, inala nella sua roccia quel sale, quell’odore di mare e poi all’alba quando il calore inizia a diffondersi nell’aria, lui espira.
Tutto si mischia, gli acini si gonfiano ; stupiti i grappoli guardano l’alba e in quel momento tutto si ferma.
Non ci sono Sorrentino o le altre aziende
C’è Benigna Sorrentino, c’è il mare, c’è l’unione di mille anni di esseri umani che hanno faticato e sudato, prodotto e consumato e in fine loro stessi concimato una terra unica e che oggi siamo noi a dover raccontare.
Solo così si fermerà il Rumore, il Fuoco e il fumo.