Pensieri enoici da recluso. Me la sono scampata per tre anni; eppure , puntuale come il morso di una zanzara mi sono beccato il Covid19. Gli anglofoni direbbero Shit Happens e questo detto ben racchiude quanto sto vivendo: è una settimana che sono recluso in casa. Prima di farvi preoccupare: sto bene tranquilli, per uccidermi ci vuole l’ebola dissenterica! Fatto sta che in questi giorni ho avuto modo di riflettere su quello che ho bevuto in questo strano, ricco mese.
Giugno, fra ricoveri in emergenza e covid è stato un bel mese di stimoli sanitari, e tuttavia è stato anche un mese dove ho bevuto (o ribevuto ) cose abbastanza importanti, ognuna di queste bottiglie ha aiutato Zombiwine a sviluppare dei pensieri: e mica potevo esimermi da condividerli con voi!
Pensieri enoici da recluso: Il tempo non è sempre galantuomo.
Brunello di Montalcino Chiesa di Santa Restituta 1080
Questa bottiglia racconta di quanto tutto e tutti abbiamo una data di scadenza: siamo mortali, tutto è mortale e la signora con la falce è l’unica certezza suprema. Sicuramente ci sono vini e bottiglie che vivranno quarant’anni senza colpo ferire, ma non è questo il caso. Questo Brunello era morto o l’ho visto morire non appena stappato. Probabilmente la conservazione non è stata ottimale, chi sa, fatto sta che dopo dieci minuti in cui il naso prometteva un tappeto di canfora e aromi terziari di tabacco tè il vino è crollato , è morto e ha lasciato nel bicchiere una brutta brutta bevuta. Bottiglie come queste ci insegnano l’ultimo passo di un vino e, ahimè, è importante conoscerlo per non lasciarsi abbagliare solo dall’annata.
Dalle informazioni che ho, che badate bene possono essere (anzi sicuramente lo sono) sbagliate, questo vino era prodotto da monaci della chiesa di Santa Restituta fino al 1994 quando poi a prendersene cura arrivò Gaja; non ho idea di come sia il vino oggi, e non voglio fare speculazioni, fatto sta che all’epoca era un brunello rustico e terroso. On line ho trovato qualche descrizione e così speculando doveva essere una di quelle declinazioni non molto eleganti ma che ben raccontavano il sangiovese in queste terre.
Cosa mi insegna questo vino? intanto che più la bottiglia è vecchia e più la conservazione diventa fondamentale, e fino a qui non ci piove, mi insegna però che probabilmente a furia di bere vecchie bottiglie il mio palato si è evoluto in una direzione in cui so non farmi affascinare dall’etichetta ed essere assai critico. Sicuramente è stato un peccato e probabilmente non prenderò più vecchie bottiglie dalla storica enoteca Romana di Prati dove è stata acquistata: troppe variabili entrano in gioco.
Se criticamente posso affermare che il bicchiere era morto, tuttavia non lo metto fra le bevuti sbagliate, questo è un bel vino per parlare di un difetto a cui non c’è rimedio: la Morte. Proprio come Hanry Manx canta Tijuana con al sua chitarra indiana e la sua voce lamentosa, bere questo vino è stato un viaggio a ritroso alla mia nascita e come tutto ciò che mi riguarda non poteva essere un fulgido esempio di bellezza. Resta però nella mia memoria nonostante la sua bruttezza.
Quindi primo insegnamento: Giuseppe Vacce piano con le Annate.
Pensieri enoici da recluso.
Nicolas Joly Clos de la Culee de Serrant 2018
Finalmente posso dire di aver chiuso il cerchio con il padre della biodinamica. Era il due ottobre 2020 quando ebbi al fortuna di bere “Les Vieux Clos”, già allora rimasi stupito da quello che molti (secondo me erroneamente) considerano il suo vino base. Nicolas realizza tre vini tutti da uva Chenin Blanc in Loira: Culee de serrantes è però la vigna che possiede in Monopole.
La “Coulée de Serrant”
Nasce da una vigna , in Loira di soli 7 ettari. Situati su pendii molto ripidi, le viti hanno un’età media superiore ai 35-40 anni. Le piante più vecchie arrivano ad avere anche 80 anni. Vigneto la cui resa media è di 20/25 ettolitri per ettaro viene interamente lavorato a mano o col cavallo. Il terreno, tutt’altro che spesso, (20 con 40 cm di media) è su un fondo scistoso rosso obliquo che drena perfettamente.
La vendemmia viene effettuata in 5 tempi da 3 a 4 settimane per ottenere maturità e la presenza dalla botrite.
Vinificazione : Fermentazione spontanea in botte da 500 litri (mai più di legno nuovo 5%).
Nonostante sia un vino bianco, si consiglia di scaraffarlo 24h prima e di servirlo a temperatura ambiente: e noi così abbiamo fatto. Potete dirmi quel che vi va sul fatto che la biodinamica è magia e bla bla, che il vino deve avere tutte le polverine e i lieviti selezionati, dopo aver bevuto questo signore la mia risposta sarà solo una : Suka! Per me ogni suo vino (ogni bottiglia ) è storia a se, dove però “Los Vieux Clos vira di più al nostro concetto di orange wine con elementi che posso accettare che a qualche barone non piacciano, beh Serrat invece è un monumento allo Chenin. Un vino Sontuoso, grasso, possente, avvolgente e che si beve da se senza bisogno di compagni: è una vera prima donna con un naso che cambia ad ogni olfazione e un sorso vibrante dinamico anche se non agilissimo; ma dinanzi a un vino così io non cerco l’agilità cerco proprio questa complessità che si erge sovrana e dimostra quanto sia duttile lo Chenin. Nicolas realizza qui un vero affresco di Loira e chiunque in un bicchiere cerca la grandezza dovrebbe berne qualche bottiglia. Il prezzo è importante ma non ancora proibitivo e se vi organizzate con due amici con 120€ la portate a casa.
Cosa ho imparato da questo vino? se un produttore ti dice di berlo appoggiandoti una videocassetta al sedere, solitamente ha i suoi buoni motivi e quindi dagli retta! Scaraffarlo e farlo aprire è stato un ottima idea e qui l’ossigeno ha dato l’abito ad una bellissima donna.
Pensieri enoici da recluso.
Gravner Pinot grigio 2007 e Ribolla Gialla 2013
Di Josko Graven c’è poco da dire, è forse il più influente vignaiolo italiano e probabilmente europeo; l’uomo che fra i primi ha cambiato il modo di intendere il vino. All’inizio ogni due scelta è stat criticata per poi venir compresa solo tanti tanti anni dopo. Vini che nascono dalla cabala del numero sette, sette anni dalla vendemmia che diventano anche quattordici o venti in caso delle riserve. Fermentazioni in anfora interrata del Caucaso (perché li la terra non contiene mentali pesanti) maturazione in botti di legno per sei anni e poi altri in bottiglia. Nel caso del pinot Grigio, vigneto che Gravner ha espiantato per concentrarsi solo sulla ribolla Gialla e sul Pignolo, questa è la penultima annata che verrà realizzata, mentre la 2011 l’ultima.
Dei vini di Gravner ho letto tutto e il contrario di tutto, per me sono iconici, sono forseil massimo esempio di cosa può arrivare a fare un vignaiolo naturale guidato dalla sua personale visione di ecologia e viticoltura; sono vini costosi , vero ma anche qui, secondo me sono vino la cui esperienza ti torna indietro e ti ripaga se però sei disposto a non stare tu al comando.
La critica che gli ho sentito dire (sopratutto sulla ribolla) è la poca agilità in bocca e onestamente è una critica che posso anche comprendere se messa all’interno di una comparazione normale con altri vini; salvo poi dire che vini così al mondo quasi non ci sono. Sono pochissimi i vini che si possono paragonare ai Gioielli del nostro di Oslavie e mi torna in mente una aggettivo di Veronelli: Vino da meditazione.
Questo aggettivo no riguarda solo i passiti, ma qualsiasi vino che ti richiede di essere tu dinanzi ad esso e di cercare di comprenderlo; è una mandala indiano se preferite o il suo circolare dell’hom; Non vi nascondo che mi ha commosso berli. Sono due vini molto diversi tar di loro: se il pinot Grigio è assolutamente esoterico e occulto, un vino dove ti devi immergere nella materia oscura e cercare di venirne fuori con le tue stesse e sole forze; la Ribolla invece è un esplosione di luce e note golose che virano perfino nella confettura di arancia amara. A modo loro sono vini golosi, masticatili, succulenti e dei quali io vorrei sempre un altro calice anche se sono vini non veloci! non li bevi a garganella, ci metti molto tempo, li assaporie devi anche essere anche disposto a trascendere la convenzione che vuole i vini bianchi freddi.
Ma bypassato tutto ciò quello che avrete dinanzi a voi non potrete paragonarlo a null’altro al mondo. Cosa mi ha insegnato? a non leggere le recensioni, a non leggere le critiche prima di bere un vino, alla fallibilità dell’opinione che spesso viene sedotta dalle mode mentre invece i vini di Gravner non hanno nessuna moda. Fra tutto quello che ho bevuto sicuramente è stato l’esperienza formativa di una vita, ora so che se anche potrei andare a scoprire altro, non sono sicuro di volerlo fare. Questo è il mio mondo, questi i vini che amo, questa la storia che mi appartiene e per comprenderla a pieno devo empre essere in gradi di fare i paragoni e i giusti rapporti con tutto il resto. A postilla di tutto non credo che un altro come Josko nascerà presto, non credo che ci sarà per lungo tempo qualcuno che ha permesso un così grande cambiamento; Forse per voi il paragone è azzardato ma dopo Dom Perignon, Gravner è la figura più importante che il mondo dell’enologia ci ha regalato.
Pensieri enoici da recluso: Il tempo non è sempre galantuomo.
Fattoria di Capezzana Ghiaie della furba 2015 e La Stoppa Ageno 2019.
Di Capezzana ho parlato spesso sul blog: per esempio qui, mentre di Ageno ho parlato spesso sui Social.
Uno è Ageno, un grandissimo esprimo di Malavsia macerata mentre l’altro uno dei primi supertuscan mai realizzati. Un ultra naturale e un biologico classico: li amo entrambi e averli bevuti assieme mi spiega il perché. Questi per me sono vini possenti ma agili, guerrieri come Cassius Clay, sempre pronti a dare spettacolo e battaglia. Su di un tavolo non restano in panchina ma si alzano e combattono. Sono vini dal naso esplosivo e dalla beva opulenta e egocentrica. Cosa mi insegnano? che a volte non bisogna fare null’altro che stappassi un vino che di ama! Sperando di guarire presto e di poter ricominciare ad andare in giro. fare casino! Con questa vi saluto e vi invito a iscrivervi ai canali YouTube e al blog!
Pensieri enoici da recluso.