I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

Radici che strappano nutrimento dal suolo. Acqua…fango…vita, rispetto.

Dieci anni di sacrifici e di ricerca per poter oggi presentare un’idea precisa e non campata in aria. Poi, il corona virus.

Come fare? Come poter lanciare i propri vini e farsi conoscere senza Vinitaly, senza le fiere, senza un asso nella manica e con il mondo chiuso in casa?

Boom…l’intuizione e la prova che questa intuizione è valida. Forse, nel suo piccolo lo è anche questo articolo.

Tenuta Baroni Campanino con il suo sito ben fatto e con il suo essenziale e-commerce, racconta la storia di una location vicino ad Assisi; forse una location come ce ne sono molte in Italia, con il suo spazio per le cerimonie private e le sue vigne.

Diciamo che detta così non suona benissimo o almeno non suona interessante, eppure se sono qui un motivo ci deve essere.

I rossi di Tenuta baroni Campanino.

Qui da dieci anni si insegue il progetto di fare vini in biodinamica e senza interventi troppo invasivi in cantina; qui le fermentazioni sono rigorosamente spontanee e al massimo si effettua un leggero filtraggio con cartucce di cartone.

La cosa che però ha cambiato tutte le carte in tavola è stato come siamo entrati in contatto; come stanno cercando di farcela nonostante il Coronavirus e la quarantena.

I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

Un paio di settimane fa vengo contattato da Vincenzo (siamo entrambi di Torre annunziata e abbiamo alcuni amici in comune. Eh si, lo so, suona strano ma anche io ho degli amici). Il mio profilo e il mio blog gli erano già noti e in più ci si era sentiti anche con la Wine Angels Elisa Fiore Gubellini.

Inutile dire che la cosa mi ha lusingato sia per essere stato considerato e sia per essere stato nominato. Ho subito acconsentito a partecipare a un progetto che stava per partire. All’inizio non avevo capito benissimo di che si trattasse ma, quando me lo hanno spiegato, mi si sono dilatate le pupille.

Lo staff di Tenuta Baroni Campanino ha organizzato una specie di studio televisivo home made in cui, attraverso la piattaforma zoom, tenere e trasmettere delle lezioni di enologia, spiegare cosa la biodinamica e far assaggiare i propri vini agli interessati

Questa la sintesi rude per farvi capire bene di che si tratta

I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

Nel bene o nel male, questo è quanto di più vicino ad una degustazione guidata e tecnica la situazione sanitaria possa al momento permetterci. E vi dirò, ho trovato il progetto assolutamente valido. Prima di passare ai vini vi spiego perché.

Questo approccio zoom, che sto vedendo sempre più spesso essere scelto e utilizzato, permette in determinati giorni di avere una moltitudine di persone connesse assieme; lo stanno usando le scuole, l’ho usato per fare un corso di aggiornamento a lavoro e si può organizzare come incentivo a comprare il vino.

Difatti l’azienda in questione sta facendo proprio questo: vende dei pacchetti di 2 o 3 tipologie di vini con annesse alcune lezioni e discussioni assieme. Certamente ciò non può sostituire il piacere di andare a visitare fisicamente una qual si voglia realtà ma in questi giorni è un valido modo per scoprire nuovi punti di vista.

Dopo due incontri, di uno dei quali ho potuto prendere solo visione poiché lo spedizioniere non aveva ancora consegnato i vini, sono pronto a parlarvi di loro e di due loro vini rossi molto diversi fra di loro: un Sangiovese in purezza e un Gamay perugino… let’z go!

Tanto per cominciare oltre alla wine angel, ho trovato facenti parti del progetto due umbri di cui ho grande stima: Eliana Ely wine on thenroad e il Tannintime Alessandro Ingrosso; queste due persone in Umbria per me sono non solo amici ma anche persone di cui seguo il lavoro.

I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

Andiamo adesso finalmente a parlare di vino. 2 etichette in questo primo articolo entrambe rosse!

Prima di tutto vi faccio vedere le etichette.

E partiamo subito con

Tenuta Baroni Campanino Rosso 2017 igt Umbria Sangiovese in purezza.

Sangiovese in purezza coltivato e vinificato in Biologico certificato, dal 2017 praticano agricoltura Biodinamica ma non sono ancora certificati Demeter.

Le vigne di Sangiovese (circa 6 ettari) sono su terreno argilloso e sono situate a un’altezza fra i 500 e i 600 metri, questa informazione è importante sopratutto per l’aspetto visivo del vino; ultima informazione, la resa è di circa 30 quintali per ettaro il che vuol dire che preferiscono produrre poca uva ma estremamente selezionata.

Fermentazione spontanea e invecchiamento solo in cemento.

Versiamo il vino nel bicchiere e mentre dallo schermo mi raccontano quanto vi ho appena scritto ciò che vedo nel bicchiere è più o meno questo

Un Sangiovese più cupo di quanto mi aspettavo, visivamente sembra un altro vitigno anche se poi ci raccontano che questo è dovuto proprio alla conformazione del terreno e dal suo essere estremamente argilloso, questo unito al fatto che non è un unica vigna ma un assemblare di varie parcelle da origine a questo vino, cupo ma estrememente limpido. Fortissimo mi torna alla mente come suggestione visiva un certo cinema noir in cui l’unico colore vivido è quello del sangue.

Andiamo a sentire com’è il naso.

Appena aperta la bottiglia ha una nota salmastra che va via in pochi minuti, non è spiacevole e soprattutto è talmente evanescente da sembrare il lento spogliarsi dal cappotto al rientro a casa. Poi le nebbie si diradano e viene su una complessa tavolozza priva di sbavature e piuttosto limpida: il classico frutto rosso slaccia l’abito al profumo di agrumi e bergamotto, privo di aromi terziari il vino è troppo giovane per averli sviluppati. Nel complesso è abbastanza complesso e ha in se una bella vibrazione che mi fa spendere molto tempo ad annusarne le evoluzioni.

Assagiamolo!

Il sorso è veramente bilanciato, i tannini sono presenti ma non mordono e non asciugano il palato, l’acidità contribuisce a fare sempre un altro sorso; è un vino caldo in cui l’alcol non trasborda e i suoi 13% si sentono senza infastidire. Il finale è medio lungo e molto magro; il fatto di aver scelto di non usare legno è un valore importante perché questo vino non ha pesantezze o noiosità: lo bevi e sei felice.

Il secondo sorso, quando la bocca si è abituata fa esplodere nuovamente quella nota caratteristica del sangiovese: arance e bergamotto e senza accorgercene abbiamo bevuto un ottimo vino biodinamico e naturale: alleluia alleluia.

Passiamo ora al secondo vino.

Vigneti Campanino Vigna del Salice 2015 igt rosso .

Questo secondo vino racconta l’azienda come era qualche anno fa e difatti non è più in produzione in questa maniera: in cantina ce ne sono ancora 250 bottiglie. Questa interpretazione di Gamay Perugiono diverrà altro.

Proveniente da un unica vigna Cru (Vigna del Salice appunto) di 1,1 hg con esposizione sud est, che vuol dire perfettamente illuminata.

Questo vino racconta molto bene un certo modo di fare vino antichissimo difatti, dopo la fermentazione spontanea in tini aperti e senza alcun controllo di temperatura, il vino viene fatto decantare e maturare in damigiane da 54 litri: pane al pane vino al vino questo è uno di quei vino odio o amore.

Andiamo a vederlo più da vicino.

Il colore è cupo e non particolarmente limpido, questo perché non ha subito alcun filtraggio; personalmente non è un problema, non mi dispiacciono i vini velati; faccio la prova con una luce artificiale e questo è il risultato .

Il naso: qua la situazione si fa complicata, il vino presenta una percepibile volatile; a me non dispiace ma è presente, questo a sottolineare l’artigianalità del metodo produttivo ma che, al contempo, è la sua bellezza. Proprio la sua rusticità mi parla e mi comanda con voce perentoria di non farmi guidare da alcun preconcetto: e così faccio.

Il bouquet è complesso e spinto in alto quindi ci vuole un pò di tempo per ritrovare dei marker che siano facilmente ascrivibili a qualcosa che conosciamo come il classico frutto rosso, ma c’è anche chiara e distinguibile la pera Williams e un leggero spunto di cuoio e tabacco da sigaro toscano.

In bocca ha dinamismo e una chiarissima rusticità che potrebbe non farlo apprezzare ai più ma bisogna capire che è un vino di un passato ormai remoto e che è servito a sviluppare la linea da dove potesse andare a parare questa vigna dal sicuro potenziale.

Se il sangiovese è un vino corretto e piacevole, qui siamo invece dinanzi a uno scrittore pulp che si bea nella costruzione e nella descrizione di un mondo tanto vero quanto drammatico.

Cosa allora mi ha convinto di tutto ciò? Il progetto! Il progetto è meraviglioso e permette di avere l’idea di un’azienda che si sta facendo man a mano, anno dopo anno, e per fare che ciò avvenga serve anche qualche vino “contadino”!

Dopotutto, così come nel film di Mario Monicelli su Bertoldo Bertoldino e Cacasenno, Bertoldo, magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi, sembra essere orco e bruto ma in realtà ne esce come il migliore del regno, così questo vino nella sua essenza rustica si distingue per tempra. Certo, ora siamo ancora dinnanzi a materia da gestire, ma credo che già con la prossima annata ne vedremo delle belle.

I rossi di Tenuta Baroni Campanino.

In conclusione? Il mio suggerimento è di visitare il sito se avete voglia, in piena quarantena, di fare un viaggio in Umbria, nella Biodinamica, e più in generale, per saperne di più sul mondo dei vini naturali. In tal caso, questa realtà fa per voi!

Le lezioni su zoom possono risultare interessanti e sicuramente vi aiuteranno a scoprire qualcosa di nuovo, o ad approfondire il discorso sulla biodinamica.

In questo articolo ho volutamente evitato di parlare dei preparati, della dinamizzazione e del ciclo lunare poiché vorrei lasciare la parola direttamente a loro che sono certo saranno felicissimi di guidarvi per mano nel loro piccolo grande mondo.

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