La terra che non voleva morire.

La terra che non voleva morire.

La terra che non voleva morire.

In mezzo ad un bosco vi è un enorme masso; è stato scavato, intagliato e decorato da genti che non hanno più neppure un nome certo.

Non è solo un enorme sasso… è un monolito, è un altare.

In mezzo a un bosco, in un tempo in cui la terra era più giovani e ancora non v’erano le civiltà odierne, un popolo sacrificava il sangue alla luna, per tenere chiuse le porte dell’oscurità; il tributo richiesto era il sangue.

Perché la luna è così: governa le maree, illumina l’oscurità ma è anche colei che governa la vita e la morte.

La vita e la morte, lo jing e lo jang.

Questo enorme monolito ha su di se i segni degli uomini di ogni tempo: tutto guarda e tutto sa.

Ha la memoria di ogni cosa.

Un tempio? Forse, o più probabilmente qualcosa di ancora più antico, ubicato fuori le mura di un insediamento etrusco.

Qualche volta, se sei particolarmente sensibile a certe energie, alzano gli occhi alla montagna, ti sembrerà di sentire ancora l’urlo del’agnello… anche se ormai non va li più nessuno.

Da più di cinquemila anni è li!

La forza di quel luogo irradia la vallata.

Quel posto non si possiede, ma da quel luogo si è posseduti.

Ha visto donne partorire, società cambiare, uomini morire ,innamorati amarsi, fedigrafi copulare.

Ha assistito all’arrivo di uomini che hanno iniziato a lavorare la terra e dargli la conformazione che oggi conosciamo.

Giungere Grandi persone e stabilirsi dinastie…. E poi lentamente tutto decadere e venir quasi dimenticato assorbito nell’idea che la provincia di Prato debba essere la più grande aria tessile d’Italia …. E basta.

La terra che non voleva morire.

Se il monolito etrusco (che poi tocca vedere se è etrusco o antecedente ) è stato il silente osservatore della valle; La vite e l’olivo sono stati gli innamorati che ogni anno si uniscono in un amplesso che genera magia e sostentamento per gli uomini .

Vite e olivo sono i sacerdoti della luce, li dove la pietra è la custode del buio.

Di che luogo sto parlando? Di Carmignano un luogo che ahimè ha perso la fama di un tempo.

Sono stato li e ho messo le mani nella terra, ho visto produttori, dinastie, consorzi e stregoni meravigliosi.

Ho assaggiato vini su vini, accumulato bottiglie con cui poi dovrò scrivere materiale, e soprattutto ho deciso di sposare una causa.

Dopo aver mappato parte del Vesuvio; e dopo essermi occupato a lungo di micro realtà Campane, il mio desiderio ora è occuparmi di un Areale meraviglioso e piccolissimo.

Sono circa 13 produttori a Carmignano riuniti in un consorzio e con la fortuna di avere due realtà antichissime fra le loro file.

Ovvero Tenuta Capezzana e Artimino.

Sono orgogliosi produttori di un vino che col Chianti centra ben poco.

Sono produttori di un luogo che va tutelato per la sua diversità; e a scanso di equivoci lo sottolineo subito: diversità che da vita a vini completamente diversi da quelli dei suoi vicini.

Abbiamo documenti che, come potete leggere ormai online, attestano la presenza della vite già prima dell’anno mille.

In quei tempi il luogo non solo e a abitato ma anche assiduamente produttivo. Già nel 1396 c’è documentazione scritta che attesta la qualità e il costo di questo vino.

La terra che non voleva morire.

Gli eventi più importanti per la nostra storia sono

  • Nel 1500 circa si importa (grazie alla famiglia Medici) e si pianta con successo dalla Francia il Cabernet, trasformandola di fatto dopo 400 anni in un vitigno praticamente autoctono nell’areale. Tanto che oggi la soprannomina “Uva Francesca”
  • Nel 1716 il granduca di Cosimo III De Medici dichiara definisce la zona geografica di Carmignano creando difatti probabilmente la prima doc al mondo.
  • Mussolini decide di fare la doc più grande del mondo: racchiude tutte le piccole denominazioni in una unica doc “Chianti classico”. Per fare ciò distrugge la bio diversità. Distrugge le piccole doc che lavoravano in maniera differente e quindi sancisce quasi la morte di Carmignano. questo avvenne nel 1932
  • Solo nel 1975, si riuscirà ad avere nuovamente la doc. creando un buco di quasi mezzo secolo, in cui tutti i produttori, anche se continuano a creare cose (anche incredibili) lo fanno senza poter essere coesi e senza poter veder riconosciuta la oro diversità e quindi senza poter fare una vera comunicazione a quei mercati e a quei consumatori che stavano nascendo .

Come vedete la storia è complessa e io stesso che mi rileggo so di aver dovuto stringere e comprimere per non diventare noioso; Ma so findunque che era necessario poi potervi far immergere nei vini e nel territorio.

La terra che non voleva morire.

Io sono arrivato in questo luogo grazie ad un contatto che si è trasformato in un amicizia: ho avuto la fortuna di poter passare del tempo da una delle memorie storiche di queste lande :

Filippo Contini Buonacossi, che è stato così gentile da mostrarmi un punto di vista , laddove altri invece hanno preferito non intervenire.

Di conseguenza il punto di vista che ho appreso è il suo; eppure così a pelle, credo che la sua visione sia corretta: lui è uno di quei rari personaggi drammatici che sentono e hanno sulle spalle il mondo che lo circondano.

Filippo si è messo in gioco e su di lui scriverò un Articolo dedicato.

Ma in questa intro è fondamentale nominarlo per farvi capire che Se anche intorno a questa zona vi sono fabriche e ….Prato (che io non Conosco e mi si scampi di parlarne bene o male .. semplicemente non conosco) questi piccoli 200 ettari, o giù di li, vitati a Carmignano rappresentano di fatto un Enclaves; ovvero un mondo a parte.

Un mondo in cui vigono leggi scritte e non scritte; dove nell’oscurità una luce verde si accende certe notti e ci fa sentire piccoli piccoli.

La terra che non voleva morire.

Una terra in cui i fantasmi ancora camminano; Sono spiriti inquieti ma non cattivi! Loro non fanno malefici ma custodiscono storie e e tradizioni al fine che le innovazioni nascano dal rispetto.

Dove ogni giorno, da millenni, su tutta la valle un monolito veglia.

Una terra che reclama dei meriti che certamente ha e merita eppure stenta a veder realizzata.

Una terra che io, non voglio vedere obliarsi e divenir raminga e dimentca nel cor dell’omini.

Zombiwine 31-10-2018

Ci tengo a fare, prima di pubblicare una premessa e dei ringraziamenti

Tutto quello che leggerete e vedrete nei prossimi mesi è stato possibile grazie a

Filippo Contini Buonacossi e Tenuta Capezzana

Rossella dell’azienda Terre a mano che mi ha dedicato il suo tempo e fatto capire delle cose fondamentali sulla biodinamica .

Fabrizio Pratesi e il consorzio di Carmignano

A seguire

Azienda Pratesi, Tenuta Capezzana, Tenute Pierazzuoli , Podere allocco, Castelvecchio, il Sassolo, Fattoria Ambra, Terre a mano.

Questi sono i produttori che hanno fornito fornito dei campioni dei loro vini e la cui scelta di supportarmi vuole essere innanzitutto confermata dal io impegno.

I vini di queste meravigliose ho intenzione di parlarvi volta per volta quando li aprirò e li aprirò sempre con attenzione quindi restate connessi sia al blog sia al canale instagram.

Infine tra un paio di settimane quando riuscirò a fare mente locale sui 16 gb di filmati che ho realizzato vorrei far uscire anche dei video sul canale youtube.

Cosa potete fare voi per supportarmi?

Se volete iscrivetevi al blog, al canale youtube e a instagram e soprattutto…. Se ne avete voglia comprate una copia del mio romanzo! È grazie ai suoi parchi proventi che io orrei comprare un attrezzatura un po’ migliore!

Articolo creato 103

2 commenti su “La terra che non voleva morire.

  1. Complimenti! È un articolo molto sentito che mi ha incuriosito non poco. Non vedo l’ora di leggere il resto di questo meraviglioso racconto!

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