Sophia di Cantina Giardino un vino assolutamente da provare.

Sophia.

Cantina Giardino.

La serata è umida, io cammino e mentre mi stringo nelle spalle, per non sentire freddo e mi trascino per tornare a casa : penso a lui; penso al vino.

Penso alla bottiglia che vorrei vedermi servita ma che nessuno  mi servirà mai , penso a quel magnifico vino che sogno di bere da tanti anni e che mai berrò.

Sono sogni di zombi fanciullo e io devo tornare alla realtà: torno a casa e proprio come tanti altri piccoli uomini, in un mondo  di routine e silenzio faccio scendere il mio cane.

Gli voglio bene e gli faccio fare una lunga passeggiata: poco importa se fa freddo: quello che importa è che sto per terminare i miei doveri verso questa giornata e verso di lui mio unico vero amico.

Torno dentro casa e finalmente la serata finisce: ho lavorato, ho vissuto, ho sopportato.

Ora  basta ora via la maschera di bravo cittadino: adesso diamo libero sfogo a quanto di più perverso e depravato c’è in noi! Diamo sfogo alle nostre passioni.

Apro la porta dello sgabuzzino adibito a cantina e finalmente

lo zombi che è in me viene fuori.

Li dentro ci sono solo io, li dentro c’è solo il mio amore: perfino quella santa della mia compagna li dentro mi lascia entrare in un mondo dove io sono io e nessun altro.

Famelico   voglio stappare una bottiglia! Poiché bere il vino è un piacere successivo, prima c’è la scelta e il ragionamento che porta ad essa: attenuare la brama con il ragionamento.

Bene è in questi momenti che ripenso alle cose più incredibili che ho bevuto e di cui non vi ho mai parlato.

Non voglio fare una lista di etichette ma raccontarvi alcune storie, intersecandole ll’una all’altra avrete un arazzo di vita zombesca.

Fino ad adesso non ho mai parlato di Sophia.

Dolce e seducente Sophia, con lei mi son sentito vivo e componevo inutili poesie.

Sofia è un vino mutevole, è una bella donna inarrivabile e volubile cambia continuamente il suo essere e nessuno conosce la sua anima se non dopo tanta fatica.

Sofià e così acqua e sapone !

Sofia è stato il mio primo vino Naturale ed è stato uno dei due vini che hanno fatto nascere Zombiwine !

Curiosi?

Una volta,sentivo parlare da settimane di una piccola enoteca punk romana : Les Vignerones.

Antonio Marino

Mi dicevano che era un guru dei vini naturali e che aveva cose rare e preziose, vini mai sentiti prima, e cose esoteriche e mai viste prima.

Io all’epoca cominciavo a interessarmi di questa visione del vino e avevo già bevuto un po’ di cose ma senza veramente capirne l’essenza o quantomeno capirne il profondo ragionamento che vi è dietro.

Apro e chiudi parentesi: dopo aver passato tanto tempo peregrinando fra i talebani del vino naturista puro, e i Classici che vogliono vini classici, ho deciso di non prendere ancora una posizione: sono convinto che la verità sia nel mezzo e questo mezzo non l’ho ancora trovato

Comunque in quel pomeriggio estivo, decido di andare a vedere chi fosse questo Les Vignerones visto che avevo deciso di comprare un vino di cui avevo bevuto qualche bottiglia : il Fiano di Donchisciotte (Zampaglione – Callitri) o il fiano prodotto dal nipote: Sancho Panza.

Nomi Geniali

Dopo aver trovato questo arioso negozio in quel di Trastevere (due sale una solo vini e una solo birre rarissime) e dopo una lunga chiacchierata conoscitiva con Antonio, mi convince a comprare questa bottiglia: Sophia di una cantina stranissima e che io non avevo mai sentito: Cantina Giardino.

Bene questo ha cambiato la mia Vita:

Cantina Giardino.

Cantina Giardino non possiede una vigna: ne ha tante, piccolissime sparse per tutta l’Irpinia; e non solo ne ha tante ma ne ha in affitto anche altre.

Un melting pot  di fazzolettini di terra dove vigne vecchissime, quasi in pensione, danno frutti troppo radicati per essere industrializzati ma che in mano ad uno sciamano si trasformano in qualcosa di unico e irripetibile.

Questa era stata la descrizione di questa cantina, che produceva Sophia:  un bianco che ogni anno cambiava vitigno ! (assurdo pensavo) e che veniva vinificato in enormi anfore di terracotta . praticamente la  versione terrona di Gravner.

Inutile dire che la bottiglia è entrata in casa e che, per un po’, ogni sera me l’andavo a vedere, cercando di decidere se era l’ora o no di stapparla.

Intanto studiavo.

Qual’era la loro filosofia e iniziavo a sentirli telefonicamente infatti avevo scoperto il loro Instagram.

Ero incuriosito da questa cantina Irpina che faceva qualcosa che io non ero mai riuscito a capire o a vedere prima.

Ero curioso di capire e intanto muovevo i primi passi per comprendere io stesso cosa e come volessi comunicare.

Vedete fu un processo di pari passo: Zombiwine divenne reale mentre quella bottiglia maturava in cantina e io cercavo di capire cosa farne.

Per prima cosa dovevo capire che vuol dire enologia naturale o quantomeno cosa non volesse dire!

E intanto si avvicinava agosto.

Una sera ero famelico!

Quella smania quella voglia !

Aaargh

Urlai alla luna piena ! è il suo tempo;  neppure ricordo con cosa cenai (credo con una spigola dalle dimensioni di un pinguino) e io e la mia dolce metà (santa donna credetemi) l’aprimmo!

Aprimmo Sophia e fummo infettati dal Morbo, proprio come uno dei mie slogan è spread the disease (diffondi il contagio) noi fummo contagiati da questo diverso modo di intendere il vino.

Torbido senza alcun filtraggio o senza nessuna chiarifica, fermentato coi soli lieviti spontanei, un vino che era troppo.

Troppo buono, troppo tannico, troppo bevibile, troppo fresco, troppo nuovo, troppo antico: scoprii che i vini macerati sulle bucce mi piacevano moltissimo e che tutti quelli che avevo bevuto fino a quel momento erano …. Diversi .

Ma berlo quel vino non bastava.

Avevo una necessità.

Volevo vedere che succedeva in quella cantina! Volevo andare da loro ad Ariano Irpino a trovarli: e incredibilmente Cantina giardino mi disse :”Vieni pure”.

Mattina d’agosto

sveglia prestissimo, macchina e autostrada deserta come un fiume che si immerge nel silenzio.

LE colline irpine, le vallate, quei luoghi che lentamente diventano memoria e quando  ti ci ritrovi rimani in silenzio.

La Cantina non sta in un giardino sta su un cocuzzolo di montagna: in un posto che sinceramente dubitavo di riuscire a raggiungere con la mia Micra che non è una macchina fatta per le stradine irpine! Ma alla fine quella mattina mi ritrovo nel tempio di Antonio e Daniela de Gruttola.

Una cantina che è non sembra il laboratorio di un alchimista: li alambicchi, polverine o strani macchinari sono totalmente assenti; una cantina che sembra l’antro di un druido, dove tutto è governato da decine e decine di botti di legno (fatte con le essenze più strane ) e da due enormi anfore di terracotta.

Lo choc culturale, emotivo e anche cognitivo è enorme: anche perché il lavoro che stanno facendo è talmente delicato che a scriverne un cretino come me ha difficoltà.

Vi spiego.

Antonio e Daniela coordinano una squadra di sei soci; che non hanno cominciato a fare ieri questo lavoro; lo fanno da molto prima che nascesse Cantina Giardino; loro sono nati ufficialmente per poter acquistare quelle vecchissime vigne che stavano venendo espiantate.

Sono nati per salvaguardare qualcosa che i futuri adulti non devono dare per scontato: il patrimonio ampelografico Campano e italiano.

Li piccolissime parcelle di vigneti, fazzolettini di terra a volte con pochissime piante , diventano vini che di volta in volta finiscono in botti, anfore e li si sposano.

Vitigni e piante che in alcuni casi ricordano i discorsi del ventennio tanto sono antiche: e una pianta che ha sentito volare gli aerei da guerra è un patrimonio storico: Antonio nel suo silenzio fa parlare quella pianta attraverso il lavoro che compie.

Credetemi, assaggiare quei bianchi direttamente dalle botti, dalle anfore e parlare con loro, mi ha regalato una mattina di magia pura.

E in quella mattina dì agosto ho deciso di non volermi fermare, ho deciso di voler raccontare le storie del vino e soprattutto degli uomini che ci credono ancora; di Daniela che orgogliosa impasta il pane con il mosto del vino come facevano gli antichi Romani in una tradizione vecchia duemila anni.

Per me questo è vino naturale

E’ vino con una storia vera alle spalle; vino che non viene abbellito da processi inutili; vino buono da bere. Quindi di conseguenza a fine di questo articolo caviamoci subito il dente.

Dopo mille e quattrocento parole spese per un vino vinificato in anfora e che ogni anno viene fatto con un vitigno differente, dopo aver bevuto e assaggiato, Fiano, Greco di Tufo, Coda di Volpe e aglianico in stato d’arte ho bisogno di bere un qualsiasi altro vino? Beh io si: non mi voglio privare di operare una scelta nella mia cantina; non voglio dire queste cose si e queste altre no.

O ancora meglio non voglio ancora farlo adesso: ci sono troppi vini che voglio bere e troppi che voglio ribere per prendere una posizione; ad oggi proprio come uno zombi che si muove lento e divora qualsiasi cosa incontra io ho deciso di assaggiare tutto.

 Dello zombi voglio mantenere quella capacita critico non critica ovvero prima assaggio e poi esprimo un parere.

Se non avessi fatto così non avrei mai comprato la mia piccola , dolce tenera e biondissima Sophia.

 

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